La mia arte, la mia vita…
Il presente catalogo vuole essere, innanzi tutto, un doveroso omaggio a quanti in tanti anni hanno seguito il mio percorso artistico, incoraggiandomi ed apprezzando la mia opera.
Certamente non vuole né può essere un’opera omnia della mia produzione artistica, considerato che sarebbe stato impossibile riunire centinaia e centinaia di opere, quasi tutti pezzi unici, disseminate in molte città italiane ed anche europee (come Parigi, Amsterdam, Berlino, ecc.).
Diciamo, allora, che il volume si propone di illustrare piuttosto i vari periodi artistici che hanno contrassegnato il mio percorso nel mondo dell’arte.
Un percorso che ha avuto molte fasi, passando dal disegno (ricordo i miei primi disegni da ragazzino, cioé, quando riuscivo a guadagnare i primi soldi facendo disegni scolastici per i miei amici) per passare all’affresco, all’olio, alla tempera, all’incisione.
La passione si sviluppa nella mia prima giovinezza, restando presto incantato dai quadri dei maestri d’arte che studiavo a scuola; subito nasce, quindi, l’impulso di impadronirmi, oltre che della loro grande tecnica, della passione che li aveva spinti verso un mondo così interessante.
Capisco subito, però, che, per avvicinarmi a loro, devo vedere da vicino i loro capolavori, quasi toccarli con mano, guardarli da angolazioni che la luce o la collocazione mi permette, per scoprire, al di là delle tecniche pittoriche, cosa si nasconda o si sveli attraverso i colori.
Incomincio a frequentare mostre ed esposizioni, girando, anche con notevoli sacrifici economici, l’Italia in lungo e in largo: ad ogni grande rassegna dei maestri io sono presente.
Comincio ad interessarmi anche dei grandi critici d’arte, come Giulio Carlo Argan, Cesare Brandi, Maurizio Calvesi, Achille Bonito Oliva, nonché di Roberto Longhi, sicuramente lo storico dell’arte e collezionista critico d’arte per eccellenza che prima di tutti intuì e rese noti gli aspetti “moderni” e rivoluzionari della pittura di Caravaggio, il mio pittore preferito (“il creatore di una nuova plasticità ottenuta con l’ausilio della luce” – come ebbe a scrivere di lui Longhi). Compro anche decine e decine di cataloghi di mostre importanti di grandi maestri tanto che ancora oggi conservo circa un migliaio di volumi.
Conosco nei miei “pellegrinaggi artistici” anche grandi galleristi e collezionisti, cercando di rubare anche da loro impressioni e giudizi più personali sugli artisti che espongono o che conservano.
Non nascondo che c’è anche il periodo in cui divento “copista” di grandi artisti e mi azzardo a confessare che vengono fuori anche delle belle copie, ma, appunto, solo copie che non mi aiutano a capire l’anima dei pittori veri. Cerco, quindi, di rintracciare quello spirito, passando per varie sperimentazioni dirette che, almeno, mantengono una mia spontaneità e che mi fanno prendere coscienza del mio valore, che mi mettono in discussione su quanto faccio.
Le sperimentazioni sono del tutto personali, come personali, spesso, sono anche i materiali usati, come, per esempio, le matite grasse o altri materiali che sono più adatti, per esempio, ad essere usati più per il trucco delle signore che per la rappresentazione di un’opera d’arte…
Questa particolarità, secondo la mia intenzione, un po’ presuntuosamente, deve far arrivare al pubblico il messaggio che qualsiasi mezzo o artificio impiegato può rappresentare il senso dell’arte se, logicamente, dietro il mezzo, c’è l’intuizione, la passione, l’ispirazione che viene dal profondo dell’animo.
Mi impadronisco, comunque, anche dell’uso dei materiali tradizionali, nonché delle tecniche cromatiche, del senso della proporzione, dell’ampiezza di quanto rappresentato da riuscire a rinchiudere nello striminzito spazio di un piccolo quadro senza fargli perdere il senso della spazialità e dell’atemporalità.
Credo, comunque, di aver scoperto la vera essenza dell’arte specialmente con l’incisione che, devo dire, coincide anche con il periodo di un preoccupante, progressivo abbassamento della mia vista.
L’incisione, infatti, non ha bisogno di luce, né di colori, mentre, invece, la lastra da “ferire” ti mette “a tu per tu” con un elemento duro su cui esercitare forza se, non addirittura violenza, per fare uscire un’anima.
Con la lastra ti sporchi, sia pure metaforicamente, le mani, piegandola alla tua idea o, più probabilmente, come diceva il sommo Michelangelo, a far uscire l’opera o la sua idea che è già dentro il marmo e, nel mio caso, nella lastra, e che tu, artista, devi solo tirare fuori…
Ripensando oggi a tutti questi miei quadri messi in fila, rifletto su cosa sia stato non solo il mio percorso artistico, ma anche la mia vita, proprio con la riscoperta, ricorrente col passare degli anni, dei luoghi della memoria impressi nelle lastre, che parlano di volti, di luoghi, di mestieri, della mia terra, della sua solarità e, purtroppo, della sua progressiva aggressione ambientale che, potrebbe, però, ancora essere combattuta, riandando con il cuore e con la mente al tempo antico che ho rappresentato, che sarebbe opportuno, come figli di quella terra, rivalutare e proteggere.