Vitaliano Ranucci

Pier Luigi
Lo Presti

critico

“Il discorso artistico di Vitaliano Ranucci è spontaneo ed intensamente vissuto, quasi un dialogo, dai toni a volte drammatici, tuttavia schivo e inizialmente trattenuto. L’opera nasce di getto: l’intuizione si sostituisce alla meditazione anche se elaborata in chiave di un realismo che ha ben compreso le suggestioni delle più moderne correnti figurative. I suoi lavori evidenziano tratti solo apparentemente lineari nella loro classicità, perché i tagli, le forme a volte tozze, svelano una malcelata drammaticità, una tensione silenziosa che ingannerebbe chi volesse leggerli prescindendo da una intensa analisi autocritica. La difficoltà del mezzo espressivo è anch’essa parte del discorso artistico di Vitaliano Ranucci, quasi che la irripetibilità del gesto creativo, la sua definitività, fossero il necessario suggello di un’operazione portata avanti senza meditazione, che non concede nulla al fruitore ma soprattutto nulla concede all’artista. E tuttavia è nel disegno (dove si ammorbidiscono certe durezze del tratto) che si placa l’intima tensione dell’artista senza che per questo venga meno la sua dolorosa partecipazione. Qui Ranucci sembra guardare al suo mondo poetico (ma mai irreale) con animo pacifico, a tratti gioioso: l’ispirazione si ferma a livelli più personali, si priva delle scorie, in una promessa di persuasiva maturità”.
Ho visto per la prima volta le incisioni di Vitaliano Ranucci un mattino, di un uggioso viaggio su un lento treno locale. Erano le sue ultime cose, le più mature, quelle naïf nelle quali si possono cogliere i segni di un’arte già personale, di una tematica sviluppata unitariamente, pur se con varietà di mezzi espressivi.
Parlammo a lungo.
Non delle opere, ma della campagna, di chi la lavora, degli incontri che ancor oggi vi si possono fare, quella umiltà di gesti eterni al di là di ogni retorica che mistifica “il buon mondo contadino”.
E le incisioni erano 16, sotto i nostri occhi, a punteggiare il discorso, ad alimentarlo, ad esserne partecipi illustrazioni.
Alla fine del viaggio, senza che nulla di esplicito fosse stato detto, la “personale” era stata decisa: Ranucci aveva superato quella ritrosìa che contraddistingue ogni vero artista quando deve mostrare al pubblico il frutto delle proprie intuizioni, delle proprie inquietudini.