Vitaliano Ranucci

Un fratello riconoscente

Quante volte, guardando le opere di mio fratello Vitaliano, sono rimasto stupito ed affascinato nel vedere come, con grande maestria e con pochi tratti, egli riuscisse a trasferire su un pezzo di lamiera, su una tela o su un semplice cartoncino, dei volti, delle figure, dei paesaggi, che mi riportavano con la mente ai miei anni giovanili, quando, in estate, dopo la chiusura della scuola, andavo con i miei compagni in campagna a raccogliere il tabacco o la frutta per guadagnare qualche soldo per le vacanze.

Incontravamo tanti personaggi che, poi, Vitaliano, da vero artista, ha saputo riportare nelle sue opere: raccoglitrici di olive, contadini con la schiena curva sotto il sole cocente, intenti a mietere il grano o ad arare, con l’aiuto di un misero bove, un campo pietroso.

L’immagine che più mi è rimasta impressa è quella di un vecchio che, a dorso di un mulo con le some sovraccariche, torna a casa al termine di una lunga giornata di lavoro: mi ha ricordato Zi’ Vitalianu, un nostro vecchio zio che tutte le sere tornava dalla sua “cesa” sul monte, portando un cesto di fichi o di sorbe che poi vendeva all’angolo della piazzetta dove viveva.

Tanti personaggi di un mondo passato, ormai, ahimè, lontano nel tempo, ma, per fortuna, sempre vivo nella mente di chi, come Vitaliano, ha fatto di queste rimembranze quasi una ragione di vita.

Certo agli occhi di chi, come me, viveva in una lontana città del Nord ormai da cinquanta anni, questi spezzoni di vita vissuta sembravano reali, quasi volessero uscire dalle cornice per riprendere una vita propria, come a voler continuare un’attività mai interrotta.

E allora mi assaliva un grande rimpianto per la perdita di una gran parte delle mie radici, lontano da quel mondo semplice, fatto di cose genuine, di persone umili ma straordinarie nella loro carica di umanità.

Devo a mio fratello il piacere e la gioia di essermi avvicinato all’arte: con lui come mentore, infatti, ho visitato i più importanti musei e pinacoteche d’Italia e d’Europa.

Mi ha aperto gli occhi facendomi conoscere artisti e opere di cui avevo solo sentito parlare, allargando i miei orizzonti culturali, ma, più ancora, riportandomi con il cuore a quel mondo che credevo sepolto negli anni.

Di questo gliene sarò sempre riconoscente.

Antonio Ranucci