Categorie
rassegna

Le lamine di Vitaliano Ranucci collezionate anche dalla Fracci

da IL MATTINO 2001

L’ARTISTA DI SPARANISE

Le lamine di Vitaliano Ranucci collezionate anche dalla Fracci

di Salvatore Minieri

Da lontano le lamine lavorate da Vitaliano Ranucci sembrano essere taglienti e animate solo da una piatta luce metallica. Ma, avvicinandosi alle opere del noto grafico ed incisore, originario di Sparanise, i colori celano le algide superfici e confermano quanto sia geniale e innovativa l’arte di questo cinquantasettenne sparanisano che, tra gli estimatori delle sue “lamine”, vanta calibri come la Principessa Heliette Caracciolo, l’ex sindaco di Napoli Maurizio Valenzi, lo scrittore e giornalista Antonio Ghirelli, il romanziere belga Georges Poulet e Carla Fracci.
Le lamine e i materiali come il rame e il ferro non si prestavano più ad accogliere i paesaggi della mite campagna del Sud. E allora la brusca virata artistica di Ranucci lo ha portato a incidere soggetti più “taglienti” come le sue lamine. Dal 24 al 28 agosto il cambio di Vitaliano Ranucci potrà essere ammirato presso palazzo Merola a Sparanise, dove l’artista esporrà i lavori che meglio testimoniano il passaggio dal lontano mondo agricolo ai soggetti meno sereni e statici. Nel 1975 Vitaliano Ranucci inventò il sistema d’incisione a punta meccanica che, tra lamine e fogli di tagliente metallo segnò la nascita di uno stile innovativo ed unico, l’incisione su lamine rigide, appunto. Parente futurista della vecchia e fascinosa pirografia, la punta meccanica ha consentito all’artista sparanisano di illustrare opere letterarie come “Il gallo, la formica e la farfalla” di Gabriella Colella Bova e i “Versi del deserto” di Bart Pirone. Assolutamente imperdibile, per appassionati e semplici curiosi, la parte della mostra dove Ranucci esporrà le ultime lamine trattate con colore. Il rosso, il giallo, il rame e il blu a farla da padrona sul freddo delle superfici usate dall’artista. Uno stridente contrasto tra asetticità delle superfici adoperate e improvvise ferite di colore. Sembra quasi che l’opera sia stata maltrattata dalla predominanza del colore. Ranucci, infatti ha fatto tesoro del detto di Delacroix: “bisogna sempre guastare un po’ il quadro per finirlo”, e le parole del grande pittore dell’Ottocento francese rivivono nei concetti espressivi di una mostra che si attendeva da anni in Terra di Lavoro. Per l’occasione saranno presentati anche lavori eseguiti su lamine d’oro e di argento e le rarissime incisioni retouché con lacca nera.

Categorie
rassegna

Vitaliano Ranucci indaga in chiave estetica il mondo contadino

da VERONASETTE 1987



ALLA SCOPERTA DEL SUD

Vitaliano Ranucci indaga in chiave estetica il mondo contadino

di Vera Meneguzzo

La ricerca artistica di Vitaliano Ranucci si propone due obbiettivi. Uno si muove sul piano dell’interpretazione etico-estetica del mondo arcaico-contadino del profondo sud. L’altro, non certo meno importante, si cimenta sul terreno di una innovazione tecnica relativa alla pratica dell’incisione.
L’autore tiene a precisare il suo intendimento di voler elevare alla dignità di opera d’arte, espressioni aventi veicoli “poveri” o supporti privi di quella preziosità tipica della grafica eseguita su argento o materiale aureo.
Egli infatti usa del modestissimo alluminio, raramente appena velato di una polvere dorata. Per incidere non usa né puntasecca né bulino. Il suo strumento di lavoro è il martello pneumatico. Forse – Ranucci spiega – per dare alle immagini quella immediatezza furente e lapidaria che a loro abbisogna. I personaggi sono quelli di un mondo ancestrale scandito dai ritmi immutabili del lavoro dei campi e delle stagioni.
Una realtà questa spesso ignorata dai mass-media e dalle coscienze ma prepotentemente presente nella fatica del lavoro delle braccia, nella pena di una lotta impari per la conquista appena dell’essenziale, nel ricordo di chi, come Ranucci, ha conservato nel suo intimo la memoria e la partecipazione per uomini e cose che sembrano appartenere a secoli remoti. Per Ranucci, incidere sul metallo le testimonianze di una realtà che grida inascoltata le sue piaghe, non è solo attingere alle radici per esprimersi in arte. Il suo gesto è sentimento, partecipazione, pietà; è risposta civile alla dignità endogena di quella gente.
Qualità che emerge costantemente nell’atteggiamento altero delle donne pur gravate dalla fatica di lavori massacranti, nelle rughe degli uomini che fatalisticamente credono in qualche cosa che non ammette speranze, negli squarci di terra arida e assetata che reclama inesauribilmente sudore e sofferenza. Ma in Ranucci il taglio prospettico dei campi apre a volte luminosità inaspettate. Il martello pneumatico svela sentimenti di indomita forza interiore. Il segno inciso, lucido nella sua essenzialità e purezza, fa trasparire, la limpidezza di una coscienza rigorosa che ricerca realtà e razionalità.
Si concentrano nella precisione del disegno costruzioni di forme e di spazi profondi. L’immagine di visioni si fissa sul metallo con illusiva evidenza. L’apparizione si concretizza quasi magicamente e forza lo spazio bidimensionale per organizzarsi in una profondità lontana. L’effetto produce un senso di dolorosa solitudine. Cose e figure convivono entro lo stesso ambiente spaziale e questa estraneità rende il loro mondo ancora più angosciante. Qui Ranucci non crea solo una testimonianza ma percorre un pellegrinaggio d’amore nel suo iter di artista e di uomo. Le opere di Vitaliano Ranucci sono state recentemente esposte presso il centro culturale di S. Giovanni Lupatoto per iniziativa dell’Assessorato alla Cultura del Comune e in collaborazione con il Gruppo Culturale “Le Arti” di Verona.